residenti illustri nel territorio bolognese romagnolo

Un luminare della scienza medica : il Prof. Guido Bergamo
di Giuseppe Martelli

pubblicato il 1° settembre 2016

Ogni tanto, raffinando con l'esperienza le ricerche storiche, emergono nomi che hanno dato lustro alla nostra storia. Fra questi ho scoperto che il Prof. Guido Bergamo ha risieduto per un certo periodo a Bologna. Oggi ricollochiamo anche questa bella figura nella storia del nostro territorio, ritenendo cosė di onorarne la personale degna memoria e quella dei tanti che hanno indossato ed onorato le fiamme verdi e la penna nera.

 


Guido Bergamo nasce a Montebelluna (Trviso) il 26 dicembre 1893 da Luigi e da Virginia Pasqua. Studente presso l’istituto dei padri Cavanis a Possagno quindi prosegue gli studi al liceo Canova di Treviso. Nel frattempo entra a far parte del movimento giovanile repubblicano e nel 1913 partecipa alle prime battaglie per l'organizzazione contadina nel Montello. Nell'agosto 1914 è tra i promotori del periodico di Treviso La riscossa. Si trasferisce quindi a Bologna quale studente universitario nella facoltà di Medicina e Chirurgia. Nella nostra città aderisce con entusiasmo ai movimenti patriottici studenteschi divenendo acceso interventista.


il Capitano Guido Bergamo, al centro, con gli
ufficiali della "sua" 216ª compagnia.

Arruolatosi volontario ai primi di giugno 1915 promosso subito caporale nel 7° Rgt. Alpini Btg. “Feltre”, in considerazione del suo titolo di studio, ma non avendo sostenuto che pochi esami per aspirare a diventare ufficiale medico, viene inviato al corso “normale” per ufficiali di complemento presso l’accademia militare di Modena uscendone alla fine del 1915 con il grado di Aspirante ufficiale degli alpini assegnato al Btg. “Cividale” dell’8° Rgt. Alpini. Sottotenente nel 1916 quindi Tenente già nell’aprile del 1917, nello stesso mese viene promosso Capitano per meriti straordinari di guerra venendogli quindi affidato il comando della 216ª compagnia del Btg. “Val Natisone” sempre dell’8° Rgt. Alpini.
Già apprezzato dai superiori per le particolari doti di abile e coraggioso ufficiale, nel corso di pochi mesi mette ancora in luce le sue doti guadagnandosi ben tre Medaglie d’Argento ed una Croce di guerra.
La prima Medaglia d’Argento è così motivata: “Nel ripiegamento, alla testa della sua compagnia, reggeva l’urto di forze enormemente superiori e due volte muoveva a contrattacco, momentaneamente spezzandone l’impeto. In seguito, completamente accerchiato, apriva con le armi la strada ai superstiti, che traeva in salvo con sicura direzione e con fulgido esempio del proprio coraggio, compiendo lunga marcia notturna per impervie regioni.” Conca di Fonzaso-Arsiè, 11-12 novembre 1917.

La seconda: “Essendosi il nemico impadronito di un importante caposaldo, si slanciava subito al contrattacco e con provvida iniziativa dava ordine ad un altro reparto di concorrere all’azione riuscendo così a scacciare l’avversario dalla posizione temporaneamente occupata. Già distintosi per abilità e coraggio in precedente fatto d’arme.” Col dell’Orso (Grappa), 25 novembre 1917.

La terza: “Comandante di una compagnia in una posizione assai difficile, contrattaccava con fulminea mossa l’avversario, recuperando un forte caposaldo e disimpegnando così altre nostre unità già scosse e pericolanti. Coadiuvava poi efficacemente il proprio comandante di battaglione durante lo svolgersi dell’azione, esempio mirabile di alto spirito militare e sprezzo del pericolo.” Porte di Salton (Grappa), 11-12 dicembre 1917

Poi la quarta decorazione con la Croce di Guerra: “Comandante di compagnia, durante un’azione, dette prova di ardimento e fermezza.” Monte Albiolo (Tonale), 13-15 agosto 1918.

Come pluridecorato, viene scelto tra i designati ad accompagnare la salma del milite ignoto da Aquileia a Roma (novembre 1921).


Il periodo bolognese.

Congedato nel 1919 con il grado di Capitano, completa gli studi presso l’Università di Bologna laureandosi in Medicina e chirurgia il 7 giugno 1919 ed inizia una brillante carriera di luminare medico,  parlamentare, esiliato politico, scrittore, ecc.


Guido Bergamo,
deputato

Dopo la fine della guerra si trova isolato e deluso in tutti i propri ideali. Come altri repubblicani, e come lo stesso fratello Mario, nell'aprile 1919 lo vede tra i fondatori del Fascio bolognese di combattimento. La sua adesione ai Fasci è però di breve durata; se ne allontana infatti poco dopo il congresso di Firenze dell'ottobre 1919 (a cui intervenne con la delegazione bolognese), appena comincia a manifestarsi la loro involuzione a destra. In occasione delle elezioni politiche del novembre 1919 viene candidato a Treviso, in una lista di repubblicani ed ex combattenti; eletto, non viene però convalidato, mancando dell'età minima richiesta dalla legge. Sempre nelle liste repubblicane viene eletto alla Camera invece nel 1921 e nel 1924. Grazie alla sua attività i repubblicani conquistano e mantengono dal 1919 al 1925 gli undici comuni del Montebellunese, sviluppandovi una vasta organizzazione cooperativistica collegata alla camera del lavoro repubblicana di Treviso, che riesce a sopravvivere sino al 1926.

Tutto ciò nonostante l'avversione sempre più netta e feroce dei fascisti, che dal luglio 1921 in poi cercano a più riprese di mettere in crisi e distruggere l'isola repubblicana trevigiana. Nel dicembre 1921 pubblica a Bologna per la Biblioteca di studi sociali, un suo saggio dal titolo Il fascismo visto da un repubblicano. Nell'agosto 1922, dopo uno scontro tra fascisti e repubblicani a Treviso dove ha aperto un Dispensario antitubercolare, questi ultimi, per evitare rappresaglie, accettano come compromesso il suo bando dalla città costringendolo ad un momentaneo esilio a Mestre.
Nel frattempo (marzo 1918) si era sposato con Maria Paleri, profuga a Firenze, divenendo padre di Bruno (1920) e di Anita (1922), deceduta a Mestre nel luglio 2015.

Il ritorno a Treviso.


Guido Bergamo sul palco durante un comizio a Treviso

Il 9 novembre 1926, con gli altri deputati dell'opposizione, viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare. Alcuni giorni prima a Treviso i fascisti avevano assalito e incendiato la sua clinica e minacciato, era stato definitivamente bandito dalla vita politica ed è costretto, per non subire ulteriori ritorsioni, ad espatriare in Egitto. Tornato in Italia, dopo questo breve periodo di esilio, gli viene imposto di risiedere a Mestre, e qui vive con la famiglia ritirato dalla vita politica, esercitando la professione di medico. Fonda una propria casa di cura e di studio rivolto in particolare alla scienza radiologica nel ramo tisiologo, pubblicando anche vari saggi sulla tubercolosi.

Con l’entrata in guerra dell’Italia nel giugno 1940 viene esentato dal richiamo alle armi. Subito dopo i tragici avvenimenti dell'8 settembre 1943 partecipa al convegno di Bavarìa (frazione di Nervesa della Battaglia, Treviso), dove viene costituita la prima organizzazione militare unitaria triveneta della resistenza e si rende attivo promotore per la formazione di nuclei partigiani. Con il nome di battaglia di “Sauro” comanda la piazza di Mestre e, con la definitiva liberazione dai tedeschi, frutto dell’ultima insurrezione partigiana dei giorni 22-25 aprile 1945 che costringe i reparti tedeschi ad abbandonare la città, ne coordina fra l’altro la ritirata.

Nel dopoguerra, con le elezioni del giugno 1946, viene candidato per il partito repubblicano alla Costituente ma non riesce eletto per pochi voti. Nel 1948 si stacca dal partito repubblicano per aderire al Fronte democratico popolare, ma anche questa volta non viene eletto.

Nel frattempo cominciano a manifestarsi i primi sintomi del contagio dall’uso del radium che diventano sempre più gravi fino a provocargli dolorosissime mutilazioni ed infine la morte.
Muore il 26 giugno 1953 a Roma, dove si era stabilito nel secondo dopoguerra.

Con Decreto del 4 ottobre 1956 gli viene conferita “alla memoria” la medaglia d’oro al valor civile. così motivata “Ha sempre portato nell'adempimento della propria missione di medico chirurgo tutta la passione del suo animo generoso e l'impulso della sua incondizionata dedizione. Fra i pionieri della radiumterapia, benché conscio del pericolo cui si esponeva, essendo ancora rudimentali le misure di protezione dei raggi X, perseverava appassionatamente nella propria opera di soccorso agli infermi e di profonda ricerca scientifica. Contaminato dalle radiazioni, senza rallentare mai la propria azione benefica, era costretto a sottoporsi a ripetuti e dolorosi interventi chirurgici alle mani ed alle ascelle, riportando, infine, l'amputazione completa del braccio sinistro. Con eroica determinazione non desisteva dal proprio lavoro, finché trovava atroce fine tra l'unanime compianto dei benefìcati e di quanti lo conoscevano. Luminoso esempio di abnegazione e di dedizione al dovere spinto fino all'olocausto. Montebelluna (Treviso)".

I comuni di Mestre, Treviso e Montebelluna gli hanno dedicato una via cittadina.