rassegna stampa da Canta..che ti passa

periodico della Sezione ANA Bolognese Romagnola

ricordi di naja: io, Alpino…
di Alberto Ceccarelli *

pubblicato il 1° aprile 2005


..come tanti altri della mia stessa “classe” anch’io da alcuni giorni sono in attesa di ricevere la cartolina precetto: il 26 febbraio mi viene consegnata e la mia attenzione è subito rivolta alla destinazione, al luogo in cui trascorrerò i primi mesi di naja: il Battaglione Addestramento Reclute “Julia” in Bassano del Grappa mi attende per il 1° marzo. All’amarezza di dover partire si contrappone però l’entusiasmo di essere stato assegnato alla Brigata “Julia”. Tutti conoscono gli alti valori umani e morali che il nome racchiude. Sui libri di storia si è letto che la “Julia” decimata più volte, sempre ritornò in linea e i suoi soldati si batterono fino in fondo anche quando sapevano che non c’erano speranze. Per i suoi sacrifici, per il suo dolore, per le sue perdite spaventose, la “Julia” è diventata nel ricordo di quei soldati la Divisione di tutti gli alpini. Fu forse quella che più di ogni altra patì le sofferenze più tremende e la sua gloria fu pagata a un prezzo incalcolabile…

 

Raggiungo Bologna alle undici e trenta, proseguo per Ferrara, Rovigo e alle quindici arrivo a Padova. Non trovo le coincidenze per Bassano e, nell’attesa osservo e penso. E’ una rigida giornata d’inverno, resa per me ancora più rigida dalla circostanza in cui mi trovo. Intanto il tempo passa, la notte scende lentamente e nelle tenebre il mio pensiero è rivolto alla mia nuova casa, ma anche alla mia città, ai miei famigliari che ho lasciato solo da poche ore ma con la speranza di rivederli presto. Nostalgie e desideri si intrecciano in un miscuglio di sensazioni mai provate finora: coraggio e viltà si combattono in me ed io mi sento a disagio…

la piazza d’armi della caserma “Monte Grappa”

Verso di noi sta arrivando un militare il quale, intuita la destinazione, ci blocca. Incaricato dal Comando Militare di ricevere le reclute ci accompagna in caserma. Essa, la nostra nuova casa, non è molto distante: percorriamo il viale che più tardi imparerò a chiamare <Viale Venezia> e intanto il mio sguardo è fisso su ciò che mi circonda e sulla città che dovrà ospitarmi per questi primi mesi. Eccoci di fronte alla caserma sulla cui facciata leggo CASERMA MONTE GRAPPA. Il Monte Grappa, sacro alla Patria, , simbolo sempre vivente di eroismo e di fedeltà, costituisce per tutti, ma in special modo per le giovani reclute, un esempio costante dei valori morali della nostra stirpe.
Il popolo guarda questo sacro monte con timore reverenziale, e vede nelle sue giovani penne nere i continuatori, i figli degli eroi immolatisi sui confini sacri della Patria. Nel silenzioso, quotidiano costante lavoro, con lo sguardo rivolto ai Caduti ed alla Madonna del Grappa, compiono il primo rito di soldati le giovani reclute del Battaglione pronte, qualora fosse necessario, ad emulare le gesta dei loro padri per difendere il Sacro suolo della Patria…
I primi giorni piuttosto monotoni trascorrono nelle visite mediche e nelle vestizioni. Ci viene consegnato il cappello, una specie di bombetta alta, rigida, con le ali strette e rialzate: in centro una stella di panno bianco a cinque punte, a sinistra una coccarda di lana verde con dentro una pappina in cui viene sistemata una penna. Ci piaceva molto, in verità, la penna che dava un’idea semplice e suggestiva di montagna. Ma essa non bastava a consacrarci Alpini: occorrevano i sacrifici, ed essi vennero subito..
Sono trascorsi solo pochi giorni ma già aspetto corrispondenza da casa perché mi sembra una eternità che sono partito. Grande è la solitudine, la malinconia che si prova, sentita ancora di più perché nelle prime settimane, come vuole il regolamento militare, le nuove reclute non possono godere della libera uscita…l’uscita è l’unica gioia, l’unica speranza per noi, perché quando si lascia alle spalle la porta della caserma e si esce in città, anche se per poche ore, si rinasce. Veramente, dopo diciannove lunghi giorni, giorni di attesa e quasi di prigione, nell’uscire per la prima volta e riprendere contatto col mondo esterno si prova una gioia immensa. Nel vedere un angolo di mondo libero, nuovo, si è trascinati dall’ebbrezza e si vaga così senza meta per la città fino alla ritirata…
Intanto comincio a fare le prime amicizie, ad avere i primi contatti con ragazzi nuovi arrivati da città anche lontane del meridione. Comincio a conoscere la loro mentalità, i loro costumi, le loro abitudini di vita. Mi accorgo che le prime impressioni sul nuovo mondo in cui ci troviamo a vivere non sono per tutti allarmanti. Coloro che a casa vivono in ristrettezze economiche si trovano ora quasi nell’agiatezza e sono veramente entusiasti e contenti del rancio. Altri, che per motivi vari hanno dovuto giovanissimi interrompere la scuola al proprio paese, possono ora continuare a studiare seguendo i corsi serali all’interno della caserma e arrivare così alla licenza elementare. Si leggono nei loro volti la gioia e quasi vorrebbero ringraziare chi ha dato loro questa possibilità. Francamente bisogna riconoscere che questo è un lato positivo del sistema militare attuale. E’ giusto che, anche se per breve tempo, almeno durante il servizio militare lo Stato aiuti quei giovani volonterosi di apprendere, affinché non debbano sentirsi senza loro colpa, relegati ai margini della nostra società. Questi sono i giovani da ammirare e portare ad esempio a coloro che, troppo attaccati ai propri comodi, vorrebbero eludere il servizio militare…
Ricordo un episodio accaduto in questo periodo. Ogni sera quattro reclute a turno dovevano montare di guardia attorno all’accampamento e riferire poi all’Ufficiale di servizio se tutto procedeva nella normalità. In una sera calma e tiepida che invitava a dormire, una recluta, forse più dormigliona delle altre, pensò di non svolgere il servizio e di lasciarsi andare ad un sonnellino. Si sistemò in prossimità dell’ingresso dell’accampamento, in una zona buia e non visto, si addormentò. Ma la notte lo tradì, facendosi improvvisamente di un chiarore che lasciava vedere anche ad una certa distanza, e spingendo a transitare in quei paraggi L’Ufficiale di servizio in perlustrazione. Costui notò con stupore che il <nostro amico> aveva depositato l’arma e si era addormentato; con tutta calma si impossessò del fucile e lo portò al Comando. Si può immaginare la disperazione della recluta al suo risveglio! Tentò di giustificarsi trovando mille motivi ma niente riuscì a fargli evitare alcuni giorni di camera di punizione. In fondo..se li era meritati!.
Si parte da casa col principio che la naja rende i giovani veri uomini. Questo è vero solo in parte: infatti ci si indurisce alle fatiche e ai disagi, ma moralmente molti peggiorano, perché invece di abituarsi alla collaborazione imparano ad arrangiarsi…
Le voci sul nostro congedo parlano di metà luglio. Che rabbia! Avevamo contato di congedarci ai primi del mese; ma ecco che il giorno dieci arriva la notizia definitiva. In ufficio squilla il telefono. Sono gli amici della sala radio che, ricevuto il fonogramma, ci danno la notizia. Lascieremo Teramo soltanto il ventisei. Improvvisamente la giornata, che era incominciata con un sole splendente, cambia aspetto e tutta la natura è avvolta nel grigiore. Forse il sole si è ritirato perché ha voluto prendere parte al dolore di noi poveri congedanti: dolore dovuto a questo rinvio di venti giorni…
Salgo sul treno e dopo cinque ore di viaggio giugno a Cesena, la mia città, la città della libertà, che la mattina fredda e gelida del 1° marzo 1962 mi aveva visto partire chiamato a portare il mio piccolo contributo alla Patria.
Torno ora col mio bagaglio di esperienze, di cose nuove vedute e ascoltate, torno dall’aver vissuto tra usi e costumi diversi dai miei di Romagna e perciò con una mentalità più aperta. Questo periodo rimarrà, non solo per me, ma per tutti i militari congedati, impresso nella mente fino agli ultimi giorni di vita. Quando sentiremo vicina l’ora del tramonto della vita terrena, e ci sembrerà un congedo come quello di tanti e tanti anni prima, riandremo col pensiero a quel periodo che forse ci apparirà come il migliore della nostra giovinezza, e desidereremo per un istante ancora aggrapparci a quei ricordi, ma amaramente dovremo dire: - Signore, sia fatta la tua volontà -.

Alberto Ceccarelli


 

una delle ultime immagini di
Alberto Ceccarelli.

Prima di lasciarci definitivamente Alberto ci ha voluto testimoni di questo suo testamento spirituale. Un’esperienza vissuta 25 anni fa (1), ma che ci farà scoprire, l’uomo, l’alpino, l’amico, col quale abbiamo lavorato fianco a fianco nei lunghi anni del suo entusiasmo e fattivo lavoro alla guida di alpini romagnoli, che non dimenticheranno.
Gruppo Alpini Cesena

(1) riferita al 1987.

Iscritto al Gruppo di Cesena, ne è stato per diversi anni uno dei più validi animatori nel direttivo. Per le sue qualità e disponibilità viene eletto nel 1986 consigliere sezionale, incarico che lo vede impegnato solo per pochi mesi.

Muore prematuramente il 14 gennaio 1987.

 

 



Pubblicato sul giornale della Sezione bolognese romagnola “Canta…che ti Passa” n° 1-2 febbraio-aprile 1987.