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LO SAPEVATE CHE...il ferrarese compositore Luciano Chailly è stato alpino?

di Giuseppe Martelli

pubblicato 15 ottobre 2005


Nel gennaio 2000 Ferrara ha voluto festeggiare l’ottantesimo compleanno di uno dei suoi più illustri concittadini, il grande musicista Luciano Chailly. Compositore noto in Europa e nel mondo, direttore artistico del Teatro alla Scala, dell’Angelicum di Milano, dell’Arena di Verona, dell’Opera di Genova, direttore dei programmi musicali della Rai-Tv a Milano e a Roma nella Direzione Centrale. Compositore di opere liriche, balletti, sinfoniche e musiche da camera. Docente di Conservatorio e Università, operatore culturale e scrittore.

 

Risiedeva a Milano dove è prematuramente deceduto il 24 dicembre 2002. Questo articolo, preparato quando il maestro era vivente e lasciato nella stesura originale al “presente”, assume oggi carattere di omaggio alla sua memoria quale grande personalità del nostro territorio.





Luciano Chailly discende dalla nobile famiglia di Claude de Chailly da Nancy, generale di Napoleone che sposato una ferrarese lasciò il Marchesato scegliendo la cittadinanza italiana. Nato a Ferrara il 19 gennaio 1920, qui dopo le elementari ed il liceo-ginnasio si è diplomato in violino nel 1941, quindi laureato in lettere a Bologna nel 1943 e nel 1945 ha conseguito il diploma in composizione al Conservatorio Milano. Le sue composizioni principali nel campo sinfonico e da camera sono: Hochetus et Rondellus (1945), Musica per quartetto (1948), Toccata (1948), Musica di strada (1949), Musica del silenzio (1949), Lamento dei morti e dei vivi (1949), Uxor tua (1950), Ricercare (1950), Due pezzi per violino (1951), Cantata (1952), Lamento di Danae (1955). Nel campo della musica operistica: Ferrovia sopraelevata (1955), Una domanda di matrimonio. Come scrittore ha pubblicato: Il matrimonio segreto di Cimarosa (1949), I personaggi (1972), Cronache di vita musicale (1973), Taccuino segreto di un musicista (1973), Buzzati in musica (1987). Nel suo ultimo libro autobiografico Le variazioni della fortuna – Storie di un musicista, vi è inserito un capitolo dedicato ai ricordi di naja e di guerra, dove si apprende che è stato ufficiale degli alpini.

 

Nel 1939 è inviato alla Scuola Centrale Militare di alpinismo di Aosta per il corso ufficiali, concluso nel 1940 con la nomina a Sottotenente presso la Scuola Allievi Ufficiali di Bassano del Grappa. Nel 1941 svolge servizio di prima nomina assegnato all’11° Reggimento alpini (Divisione Pusteria) battaglione “Trento” e “Bassano”.

Dal suo libro autobiografico trascriviamo le parti più salienti dei sui ricordi:

il Sottotenente Luciano Chailly

Quando nel 1941, ufficiale dell’11° Reggimento Alpini, giunsi a Molveno in servizio di prima nomina, avevo davanti due prospettive: la destinazione alla istruzione delle reclute o l’inquadramento in un reparto in partenza per l’Albania. Se il Colonnello comandante il battaglione “Trento” volle trattenermi con sé al distaccamento di Molveno fu perché, al Circolo Ufficiali, mi aveva sentito suonare il violino, in cui mi ero appena diplomato. Mi assegnò al plotone comando della II Compagnia con l’impegno di curare, oltre alle regolamentari Squadre Mortai e Collegamenti, anche la fanfara e le ricreazioni musicali. In tal modo evitai la partenza per il fronte. Gli ufficiali della Compagnia del “Bassano” a cui avrei dovuto appartenere, giunti a Plevja e sorpresi durante la mensa da un colpo di mano dei guerriglieri, furono tutti trucidati. L’anno dopo il battaglione “Bassano”, a cui ero ritornato dal “Trento” e che era in partenza per la zona di operazioni, fu bloccato a Predazzo dalle autorità sanitarie perché impestato di < pediculi >, detti volgarmente pidocchi. Per quella sosta fuori programma, e non breve, dovuta alla disinfestazione generale (divise, armi, tende, uomini nudi calati dentro enormi pentoloni di acqua bollente e fumante) il treno blindato a noi destinato non poté attendere. Vi salirono altri che andarono a morire poi sul Don.

 

Il Maggiore Sante Follador fu uno dei più affascinanti personaggi della mia naja. Rassomigliante a Gary Cooper, pluridecorato, con un dramma di cui non parlò mai (si parlava di una figlia illegittima avuta da un’abissina), continuava a bere grappa dal mattino alla sera. Un giorno, durante una sfilata del battaglione, gli feci passare davanti la spelacchiata fanfara al suono ravvivante ma fuorviante della Marcia dell’Aida. S’irrigidì sull’attenti, salutò, poi mi chiamò con l’indice di fronte alla truppa. Nel silenzio assoluto, con quella sua voce roca per l’abuso d’alcool, spiritosamente mi disse <Tenente, per la prossima sfilata veda di procurarsi anche qualche elefante!> ……

il sottotenente Luciano Chailly.

Ero a Ferrara <nella lunga notte del ’43>. Sentii da casa per le strade i passi, i canti, gli urli, gli spari dei militi avvinazzati delle Brigate nere di Verona. E il giorno dopo vidi vicino alla Fossa del Castello il mucchio dei corpi esanimi delle vittime dei fascisti…… Nel 1944 ero a Genova nella notte del terrificante bombardamento anglo-americano da cielo e da mare che sconvolse con tremiti e bagliori la città e che colpì anche il Teatro Carlo Felice.

 

Nel 1945 ero a Milano. Ero fuggito da Fossalta di Ferrara, al tuonare ormai vicino dei cannoni americani, per portare il salvo mia madre e mia sorella Silvana. Tutti e tre, in bicicletta, carichi di sacchi e di pacchi, avevamo raggiunto in cinque giorni – dormendo la notte in luoghi di fortuna – la capitale lombarda, dove mio padre era in servizio presso il Comando dell’Aeronautica……

 

Due mesi dopo (in giugno, n.d.r.), alla vigilia degli esami di diploma in composizione al Conservatorio di Milano, venni arrestato e rinchiuso nella prigione di via Fatebenefratelli. Di che cosa ero incolpato? La mia coscienza era tranquilla. E come ufficiale degli Alpini dovevo rispondere del mio operato soltanto presso il Comando Alleato, mentre invece mi trovavo in carcere coi detenuti politici. Dopo qualche giorno, dall’interrogatorio che mi fu fatto in un clima di coccarde e lazzi da rivoluzione francese, risultò che c’era stato un equivoco. Un portiere sonnolento dell’Htel Continental (dove avevo dormito una notte passando per Milano deserta e ridotta ad un cumulo di macerie) aveva trascritto, dalla mia tessera sul registro, vicino al mio nome e cognome: tenente della G.N.R anziché del C.C.G.U. (Centro Comando Grandi Unità) a cui appartenevo. Pertanto in Questura figuravo nell’elenco nero degli ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana. Credevo che, chiarito il qui pro quo, fossi subito rimesso in libertà, macché, la via crucis fu lenta. Da quel carcere, attraverso Milano in tumulto, fui portato, sul furgone cellulare, al campo di concentramento di Sesto San Giovanni e passò un certo tempo, fino a che mio fratello Giancarlo, tornato in Italia con gli americani dopo una lunga prigionia in Algeria, non trovò in Questura il mio <atto di scarcerazione> già firmato da giorni, ma che in quella baraonda, senza il suo intervento, non si sarebbe mai mosso dal tavolo del dottor Cuccaro -

 

Per riprendere le notizie biografiche, ricordo che il nome Chailly non mi giungeva nuovo. Quella firma l’avevo notata sul giornale associativo L’ALPINO, ma non essendo oggetto di particolare ricerca non l’avevo selezionata. Segnalatomi il nominativo ed il passato “alpino” del maestro dal solito amico Mario Gallotta di Ferrara, ho ripreso in mano la mia raccolta delle annate ritrovando quella firma. Ciò che il maestro non ricordava ( presi contatti, gli erano stati recapitati ed aveva confermato che era proprio lui), che dal 15 febbraio 1942 al 1° settembre 1943 numerosi suoi articoli erano comparsi sul giornale. Notizie allora fresche vissute nel momento, che confermano quanto scritto nel suo libro del suo passato di tenente degli alpini.

alcuni titoli tratti dal giornale ”L’ALPINO

su L’ALPINO del 15 febbraio 1942  ricorda l’incontro con alcuni
reduci al rientro dal fronte greco- albanese.

su L’ALPINO del 1° dicembre 1942 rievoca il suo primo contatto
e la sua esperienza  con la fanfara del battaglione.

su L’ALPINO del 1° marzo 1943 rievoca l’esperienza della prima
marcia delle reclute con gli sci della naja.

su L’ALPINO del 1° aprile 1943 trascrive le emozioni vissute nell’incontro casuale con un vecchio montanaro che gli racconta come una “novella” la vita alpina.


(questa curiosità è emersa grazie alla segnalazione del socio Mario Gallotta di Ferrara, che ha anche collaborato all’acquisizione di importanti documenti storici incontrando e contattando personalmente il maestro Luciano Chailly)