rassegna stampa da L’ALPINO

periodico dell’Associazione Nazionale Alpini

DOBRA...
(NOVELLA)

di Noël Quintavalle *

pubblicato il 1° dicembre 2015
testo trascritto da Giuseppe Martelli


il titolo dell'articolo pubblicato sul giornale
L'ALPINO n° 16 del 20 agosto 1922

 

Cari cappelloni (1), sono qua di nuovo. Ma non. non mettetevi sull'attenti. Riposo e citto li. Questa volta non sono il superiore; sono soltanto il vecio, sono...come dire? sono...ecco, mettiamo che sia il vostro curato che vi parla alla buona; quel curato tanto simpaticoperchè ha la pancia che assomiglia ad un fiasco bel pieno. (E io so che i fiaschi vi sono cordialmente simpatici!) Questa volta vi racconto una storia tanto commovente che, Dio Piuma, tutte le volte che ci penso mi vien da piangere; e anche adesso....Vedete? guardate come la stampa ha attaccato male in questo punto, perchè ci sono sulla carta le mie lacrime!L'ho sempre detto. Dio Piuma, che ho un cuore grande da tenerci tutte le nazioni, comprese le osterie. Citto lì, niente paroline all'orecchio, fermi con quelle teste, se no vi do un attenti dell'altro mondo, cari cappelloni, e vi pianto li impalati fin quando avrete le radici per terra. Riposo. Ecco la storia; e fuori i fazzoletti:
Di dove fosse sbucata fuori nessuno lo sapeva ed io meno degli altri. Un bel mattino i miei soldati (eravamo a riposo in seconda linea) lavavano alla fontana, quando se la videro davanti stracciata come una zingara e bella come un angelo. Accifiasco, com'era bella! I soldati restarono di stucco. Come mai era in quel paese tutto a pezzi, sotto il tiro nemico, dove non c'era più il naso d'un cittadino? Per assicurarsi che non fosse un fantasma si provarono ad accarezzarla, ma si presero come risposta tre schiaffi così ben dati e sonori che si convinsero senz'altro che era viva e molto sana. Ma, subito dopo glòi schiaffi, li guardò con un riso tanto buono che i cuori si allargarono come una trincea quando arrivava la marmitta. Da allora in poi fu sempre li con i soldati. Aiutava ad insaponare, a lavare, a cucire, a lustrare, sempre con lo stesso riso buono sulle labbra. Chi era? vallo a sapere; non se ne cavò mai nulla. Ma onesta, quello si: i soldati lo dovettero constatare, sebbene a malincuore. La chiamarono Dobra che nella sua lingua «Dobre» vuol dire «buono». E restò il nome e restò la piccola Slava bionda.
Tra la subalternaglia la sua apparizione aveva messo la rivoluzione. Dio Piuma, non per niente si era stati dei mesi in trincea senza vedere un pezzetto di stoffa da donna! Ed ora trovarsi davanti quel cosino tutto sale e pepe, con quegli occhi, quella bocca!! (e non la dipingeva, sapete, era proprio rosso suo), con quella camicetta un po troppo tirata su qualcosa di rigoglioso, con quelle maniche e quella sottanella così corte per nascondere tanta grazia del Signore!.. Ah donna, donna, Dio Piuma! Si videro immediatamente dei baffi prima cadenti alla «foca», arricciarsi spavaldamente; si videro quasi (non sono sicuro che lo fosserro) dei polsini fuori dalle maniche e persino, cosa inaudita, delle scarpe spazzolate e lucidate.
- Debra, bel mattino, eh?
- Oh si, signor, belo mattina!
- E cosa fate oggi?
- Me? Fate? Ah,ah,ah!
Dio Piuma, come quelle labbra rosse contornavano bene la risatina squillante! Cosa faceva infatti? Chi lo sa? Un po' di tutto e niente del tutto: aiutava , ecco. Era come una sorellina buona.
Il colonnello, perfetto tipo del burbero benefico, era evidentemente impressionato delle nostre premure per Dobra e fremeva.
- Voi vi lasciate guastarte da quella sdolcinata!
- Ma signor colonnello è tanto buona!
- Guardalo li come si esalta! Signor si caro tenente, è molto buona, troppo buona, segno che ha il suo scopo!
- Ma, signor colonnello, le assicuro; io l'ho studiata e...
- Studiato cosa, sacr..., studiato cosa? Avrà studiato da che parte si abbottona la camicetta o se ha le giarrettiere invece degli elastici! Sentilo lui che ha studiato!
- Eppure fa servizi a tutti i soldati!
- Servizi di che genere? E i soldati che servizi le rendono? No no, cari miei, qui occorrono dei provvedimenti, ci penso io. Alla prima che fa, la inchiodo contro ad un muro; così si trattano le spie!
Si era a mensa. Il colonnello mangiava senza guardar nessuno; aveva il cappello calato sin quasi al naso, segno evidente di umore tempestoso. Ci fu l'imbecille, tra di noi, che venne a parlare della lite scoppiata fra due soldati. Il colonnello fece un ruggito:
- Cosa ca iè? I alpin ca s' pistu (Cosa? gli alpini si picchiano?) A sacrr... e la causa, la causa?
Silenzio glaciale.
- La causa la so io! E' quella sgualdrina. Si o no?
Altro silenzio glaciale.
- E' inutile tacere, lo so. Ora l'arrangio io quella....
- Ma signor colonnello, l'assicuro che che lei non ne ha colpa, poveretta!
- Colpa o non colpa, lo so io quel che devo fare! Intanto portatela qui!
Il colonnello aveva il cappello sul naso, noi il naso nel piatto. Dio piuma che situazione! cosa andava a succedere? Ma quando arrivò lei ci guardò tutti con uno sguardo che ci rassicurò: sembravamo noi i colpevoli e non lei. Il colonnello restò un po' iterdetto. Era la prima volta che la vedeva; rialzò il cappello per avere gli occhi più liberi, poi lo calò di nuovo sul naso e masticò per cinque minuti lo stuzzicadenti. Non sapeva come cominciare:
- Dunque, ehm, dunque, sicuro, lo sapete cos'è successo?
Dobra non rispose. Forse quegli occhioni furbi avevano già scrutato sino in fondo all'anima del burbero benefico.
- Avete visto eh? Due soldati che si picchiano come bestie, sì, come bestie, sicuro... e la colpa....ehm, la colpa di chi è? Lo sapete voi'
- Oh si! La colpa è io, signor colònelo.
Quel «signor colònelo» buttato li come uno schiaffetto grazioso lo disarmò un poco. E mi parve anche, ma no, non era possibile, o forse era proprio un sorrico che spuntava sotto ai baffoni rossicci? Ma si riprese subito.
- Oh, lo so bene! E cosa avete fatto?
- Fatto? Ah, ah, ah! Me regalato fior a Taliano, altro Taliano rubato fior...ah, ah, ah, per fior così piccolo così grossa....ah, ah, ah.
Si divertiva proprio un mondo.
- Fiori? E chi vi ha detto di regalare fiori?
- Fiori beli, e io regalare a soldati miei frateli!
Il colonnello fece un balzo.
- Fratelli un corno. Non sapete che sono vostri nemici?
- Oh, nemici no! Taliani buoni - ed il suo visino era tutto addolorato - no nemici! miei fratelli lontano a me porto fior a Taliani che sono altri fratelli. Tutti soldati boni, tutti frateli, signor colònelo!
Oh, quel «signor colònelo» su quella bocca rossa. Il «signor colònelo» si dimenava sulla seggiola, evidentemente imbarazzato.
- Ma, e cosa fate voi qui? come vivete?
- Me? ah, ah, ah, me vivere di poco. Poco pane di soldati che regalano, e molta frutta di alberi. Oggi mangiato bene, mangiati tanti pera di albero; me basta così.
Il colonnello sbirciò il suo tondo colmo di stufato fumante e poi quella bocchina che per tutto pasto aveva «mangiati tanti pera di albero».
- E non mangiate altro?
- Oh no! Me basta perchè me piccola. E tutti i giorni me andare a ringraziar Signor a la «gospodarna» - come dite voi, ala...ala...
- Chiesa! Sicuro, signor colonnello, tutti i giorni va in chiesa - scattò su un tenentino. Il colonnello lo fulminò con una occhiata:
- Silenzio! La signorina ha la lingua abbastanza lunga e non ha bisogno di avvocati!
Ma la sua voce non era più brusca. Poi si rivolse a Dobra con la faccia più terribile che potè:
- Ma non lo sapete voi che potreste essere ritenuta una spia?
Dobra non si scompose.
- Spia? Cosa è spia?
Glie lo si spegò. Quando ebbe finito ci guardò in faccia uno per uno:
- Ah, ah, ah!!
La risata fu così fresca, argentina, invitante, che la subalternaglia l'accompagnò in un coro formidabile, senza più ricordarsi del colonnello. Ma questo ormai non era più temibile. Si accontentò di dirle:
- Be'..be'...sicuro... andate.
Quando fu sulla porta la richiamò. Tossì, si schiarì la voce, si mangiò i baffi, cambiò di posizione tre volte al cappello...Non sapeva come spiegarsi. Poi di colpo si rivolse a me:
- Tenente, le dica che se vuol mangiare qui ce n'è per tutti. Anzi vada in cucina lei e ci pensi: tutti i giorni neh? Non vogliono che vadano a contare che gli italiani lasciano crepar di fame le donne attaccate ad un albero di pere, cônntacc!
Aveva finito di mangiare e di parlare. Si ficcò un mezzo toscano nel cespuglio rossiccio dei baffi e per tutta sera non disse più nulla.
E, Dobra, la sorellina buona, restò con noi come prima. Unica differenza: ora, ogni mattina, il colonnello si trovava le scarpe lustre come specchi e con un fiore infilato a qualche occhiello. Quando gli altri vedevano, brontolava e gettava via il fiore. Ma quando nessuno lo vedeva fiutava il fiore ed un sorriso sbucava tra il cespuglio rossiccio, sotto il naso.

Azione cominciata, partire subito. Ecco press' a poco quello che si sapeva. E del resto lo si poteva ben capire: da due giorni il paese dov'eravamo a riposo era bombardato da mattino a sera. Ogni giorno si aveva così delle perdite: è stupido e tremendo perdere dei soldati ed amici così, per nulla! E poi c'era qualcos'altro che ci addolorava. Dobra dov'era? La si era vista qualche volta durante le prima cannonate, poi più.
- Non le sarà successo qualcosa?
- Eh no, corvo di cattivo augurio.
- Ma che, è così semplice!S'è spaventata dei colpi, delle rovine, dei feriti e sarà scappata. Ecco tutto!
Ed ognuno, in cuor suo, le augurava buon viaggio e la salutava, forse per l'ultima volta.
La colonna era in marcia, si andava verso il nenmico: e si cantava. Fin quando non è proibito gli alpini cantano. Zaino in spalla, pistocco in mano, cicche nella cartuccera e canto in gola: ecco l'alpino. Si cantava. Ad un tratto il canto cessò e la colonna si fermò senza che nessuno l'ordinasse. Qualcosa era successo certamente in testa: si scorgevano tutti affacendarsi, urtarsi per vedere.
- Saccrrr.... si può vedere cosa fanno quegli asinacci? Avanti o vi mando io a bastonate...
Ed il colonnello arrivò come un fulmine. Di colpo di fermò e si levò il cappello. Dobra era là. Era là in mezzo alla strada distesa. Una granata aveva stroncato le due gambe, ed ora la sottanella stracciata ed insanguinata terminava di colpo quel corpicino esangue che era ancora più piccolo, così che sembrava un piccolo uccellino abbandonato sulla strada. I soldati piangevano. Noi si era inginocchiati. Chi ci avrebbe ridato di nuovo il canto? O piccola Dobra, sorellina buona che faticavi tanto per cercare fra le roccie «fior per Taliani fratelli» o piccola Dobra, chi ci avrebbe rimesso in gola il canto?
Mi avvicinai al colonnello.
- Signor colonnello?
Non rispose. Mi pare che qualcosa brillasse fra i baffi, qualcosa che scendeva dagli occhi. Ma gli occhi non si vedevano nascosti dal cappello.
- Signor colonnello, una preghiera...
Mi rispose un muggito senza parole.
- Ci lascia sotterrare la nostra amica?
La voce mi tremava ed i miei occhi non vedevano più il viso del colonnello. Ma sentii la sua mano stringere la mia.
- Bravo tenente. L'avevo pensato anch'io. Fate pure.
Che voce strana e rauca aveva il colonnello. Mi allontanavo quando mi richiamò.
- Tenente, non si può, sa non me lo ricordavo, ma lassù ci aspettano, l'azione è cominciata, non c'è tempo...
E si fermò indeciso.
- Ma fermarsi così senza ragione. C'è tanto da farsi fucilare...
Mi guardò in faccia, poi scrollò le spalle.
- E bin, a m'na fa pa niente, contacc! Caso mai fucileranno me, ma non si può mica lasciare una creatura del Signore a farsi mangiare dai corvi! Su sotterratela presto!

La sotterrammo all'ombra del suo pero, dove si mangiava «tanti pera». Ognune le mise sul petto qualcosa: uno scapolare, un nastrino, una fotografia...Sembrava così che tutto il suo piccolo d'uccellino sperduto fosse infiorato, infiorato dai nostri ricordi. Le facemmo una crocetta. Poi da soli, senza comandi, ognuno si rimise al suo posto di marcia ed attese in silenzio l'ordine del colonnello per partire. Ma dov'era il colonnello? Era scomparso. Poco dopo arrivò. Aveva le mani tutte graffiate ed insanguinate dalle spine. Stringeva un mazzetto di fiori. Li gettò sulla tomba brontolando:
- Ne aveva cercati tanti di fiori per noi che si può ben cercarne qualcuno per lei.
E cercò di rendere la voce più franca nel comando:
- Battaglione avanti marche!
Ma lo si capì, più che sentirlo, quel comando.

Eccovi cappelloni cari, la storia di Dobra, Dobra la piccola Slava che s'è portato sotto terra con lei un pezzettino di cuore del mio battaglione. Chi è che piange là in fondo? Sei tu Tonio? Eh non per niente t'hanno dato la penna ieri mattina; sei proprio cappellone perfetto O cosa piangi? Credi che sia una storia vera? L'ho inventata io, questa sera: va là, sta su allegro!.

 

 

(1) Cappelloni, termine per indicare le reclute che avevano ancora i capelli "civili" non rasati dal barbiere militare....

* Noël Quintavalle, in arte Noëlqui, artista e scrittore d’origine ferrarese, già ricordato nel sito ( apri biografia )