rassegna stampa da L’ALPINO

periodico dell’Associazione Nazionale Alpini

PROFILI di CAPPELLANI
di Ferruccio Pisoni*

pubblicato il 15 novembre 2010
testo trascritto da Giuseppe Martelli
dalla propria collezione cartacea de L'ALPINO




il titolo dell'articolo pubblicato a pagina 2 del giornale
L'ALPINO n° 5 del 1° marzo 1943
l'articolo comprende il solo testo, le fotografie inserite sono state aggiunte per rendere più completo l'articolo

 

Uomo difficile - sentenziò il comandante del battaglione rivolgendosi a Cuzzi, l'aiutante maggiore che gli stava accanto, quando vide giungere alla baracca-comando il giovane ed elegante pretino in sella a Contrin, il suo mulo preferito perchè sempre di buon umore. Ed aggiunse - cavallerizzo per giunta - quando con disinvolta eleganza scese dal quadrupede.
Notate che quel giudizio di uomo difficile era giustificato. Il giovane sacerdote era elegantino anzichè no. Veste nera irreprensibile, tricorno con otto riflessi - come si usava dire un tempo per un cappello a cilindro veramente chic - occhiali cerchiati d'oro, personale sottile per quanto tendende al paffutello, rasatissimo, aria intelligente. Inoltre, sceso dal mulo, si presentò in perfetto stile militare: - tenente cappellano don Giovanni Santini. (1)
Una smentita più rapida del suo giudizio il comandante, che aveva il dono di pesare esattamente a colpo d'occhio le persone che gli capitavano sottomano, credo non l'abbia mai ricevuta. Alcune frasi pronunciate dal cappellano in una conversazione telefonica, alla quale era stato chiamato di urgenza mentre il maggiore gli dava il benvenuto, bastarono a persuaderlo che il suo uomo difficile era degno di vivere nel battaglione, nel quale tutti erano difficili ma soltanto per il nemico.
Da dove veniva? Da un ospedale territoriale, dove aveva servito fino al giorno prima come soldato di sanità e dove aveva prodigato la sua generosità di autentico romagnolo, la sua capacità, la sua bontà, il suo spirito di sacrificio. Ma questo lo seppimo molto ma molto tempo dopo che egli non amava accennare al suo passato militare, per quanto fosse lodevolissimo.
Per conoscere le sue doti di arditezza o, per lo meno, di coraggio, non vi fu bisogno di metterlo alla prova. Il mattino dopo del suo arrivo, indossato il grigioverde colla sua fiammante croce rossa sul petto, partiva per visitare i reparti in prima linea dove simpatizzava e famigliarizzava subito cogli ufficiali e faceva ottima impressione ai nostri alpini, tutti più anziani di età di lui, i nostri vecchi sempre così difficili verso l'ultimo arrivato. Quel giorno per avvisarlo che lo si attendeva alla mensa si dovette cercarlo attraverso tutti i cicalini della linea. Arrivò in ritardo ma il comandante non fiatò.
La posizione presidiata dal battaglione si poteva considerare fra le più tranquille di tutta la zona; qualche colpo di cannone, qualche raffichetta di mitragliatrice, qualche ta-pum dei cecchini, venivano a ricordarci di tanto in tanto che eravamo in prima linea. Di questa relativa calma ne approfittavamo per lavorare intensamente a preparare gallerie, baracche, postazioni blindate che rafforzavano sempre di più la linea, animati da una costante ardente speranza, che ci giungesse l'ordine di avanzare. Il nostro sogno era: sboccare alle spalle di Trento.
Questa tranquillità non andava a genio al nostro cappellano, che un giorno presentò al comandante la domanda di essere sostituito.
- Come - scattò il maggiore - ne avete già abbastanza del fronte?
- Di questo fronte si, signor maggiore. Qui si vegeta e sulla Bainsizza si muore; là è il mio posto. (Ardevano allora i furiosi combattimenti su quell'altipiano) - Là, là, caro cappellano. Qui oramai ci conosciamo bene, tutti vi vogliono bene. Non intendiamo perdervi. Pazientate; vedrete che verranno i tempi in cui questa tranquillità la sconteremo largamente -.
E vennero, con Caporetto.


Don Santini nel dopoguerra. Sul petto
porta con orgoglio le numerose
decorazioni al valor militare che gli sono
state conferite.

Passo del Broccon, con citazione sul bollettino del Comando Supremo: Monte Tomatico, i Solaroli, Cason del Sole e poi ancora i Solaroli. Il battaglione in poco più di un mese si riduce da mille uomini a duecentocinquanta e si merita la proposta di una medaglia d'argento al valor militare. Quindi su quota 704 in Val d'Adige, per ritornare sul Grappa, all'Archeson, al Valico delle Mura e di bel nuovo ai Solaroli.
Don Sanntini è nel suo elemento.
A Monte Tomatico, dove il nemico ci attaccava con ostinato furore, il nostro prete accorso sulla linea di fuoco, dove non esisteva alcun riparo, ed al comandante del battaglione che lo esorta a stabilirsi al posto di medicazione risponde che prima di tutto egli era soldato italiano.
Oh! la meravigliosa opera di quest'uomo! Sempre in mezzo ai soldati, incitatore, animatore, confortatore, propagandista di valore, di coraggio, di serenità, dandone luminoso esempio col suo calmo sprezzo del pericolo al punto da farci persuasi ch'egli cercasse la bella morte in comattimento. Infaticanbile, sorretto da una forza arcana che gli impediva di logorarsi, quasi che oltre l'anima gli alimentasse anche il corpo, egli era sempre in giro per le trincee, di giorno e di notte; in più si accollava, nel bisogno, anche servizi che esorbitavano dai compiti del suo ministero. Un giorno lo troviamo funzionante da aiutante maggiore e se la cava superbamente; un'altro, valido assistente del medico; e ancora, comandante di reparto in momenti critici assai delicati e persino guida sul campo di battaglia.
A propopsito: arriva un giorno al comando di battaglione nella regione del Grappa, quel pò pò di valoroso soldato ch'era il colonnello Ragni, coi dipendenti comandanti dei battaglioni e rispettivi aiutanti maggiori del suo gruppo alpino, per riconoscere il terreno d'accesso ad una posizione dominante data come sgombra dal nemico e che egli doveva presidiare.
Don Santini, aggiorno della situazione, afferma che il monte è in mano agli austriaci e ben munìto. Ne nasce un'animata discussione pro e contro che Ragni tronca con:
- Andiamo a vedere. Voi cappellano siete pratico della zona? Si! Ebbene fateci da guida. -
Vanno e tutti assieme vedono, come si suol dire, le streghe. Accolti da un inferno di sparatoria con tutte le armi, dal fucile ai medi alibri, quando erano bene allo scoperto, se la cavarono dopo qualche oretta perchè la fortna è cogli audaci. Il nostro cappellano fu felice d'avere concorso a risparmiare un'amara sorpresa al battaglione e quando il colonnello lo abbracciò ringraziandolo gli parve di avere ricevuto la massima ricompensa.
Non mancava il buon umore a don Giovanni e la frase lepida specie nei momenti difficili. Ci sarebbe da raccontarne se lo spazio lo permettesse, come quando in uno degli ultimi combattimenti sul Grappa, egli incanalava la truppa del battaglione verso un punto prestabilito per l'attacco stando allo scoperto sotto un violento tiro nemico di interdizione ed i soldati ad invitarlo a scendere nel camminamento ed egli ad incitarli burlescamente perchè proseguissero sveltamente senza pensare a lui.
- Avanti ragazzi, avanti bisogna far presto. Coraggio burdei, coraggio, che paura ne ho io per tutti. -


Don Santini, al centro, con alcuni dei cappellani militari soci della
Sezione presenti all'Adunata Naz. Alpini di Roma del 1929.
A sinistra don Antonio Benini, a destra don Andrea
Balestrazzi e sempre a destra in basso don Amedeo Girotti.

L'armistizio coglie il battaglione oltre il Piave e don Santini ha tre proposte di medaglie al valore per tre differenti fatti d'arme ed inoltrate da tre diversi comandanti di battaglione.
Vi fu bisogno di un cappellano che dirigesse il pietoso e macabro lavoro di seppellimento dei morti nostri e nemici sul Grappa, dopo la vittoria. Vi andò il nostro, che visse lassù nell'orribile carnaio per un mese e compì, con tutta la carità di sacerdote ardente di fede ed innamorato della sua missione, l'opera pietosa e misericordiosa.
Scende agli accantonamento del battaglione a Natale. Qui non trova il suo vecchio ed amato comandante; qui dimostra come anche avendo nelle vene il più bollente sangue romagnolo si possa dominare se stessi ed esercitare la difficile via della pazienza. Ma non sono i colleghi di grado che lo mettono alla prova. Finchè un giorno sconfortato chiese di essere congedato.
Parte, col cuore esulcerato, triste, stanco, invecchiato.
Ma non è lui solo che ne soffre. Tutti lo vediamo partire con dolore conme se ci abbandonasse per sempre la persona a noi più cara.
Alla stazione ferroviaria di San Donà di Piave in un nebbioso e freddo mattino di febbraio, mentre il treno che lo porta in patria si avvia sul marciapiede c'è un capitano che lo saluta coi lacrimoni agli occhi. Un capitano che aveva fama di essere un mangiapreti.

 

 

GEN. FERRUCCIO PISONI

 

1) don Giovanni Santini, socio della Sezione, Capogruppo Gruppo di Cesena, è già ricordato anche in altra parte del sito, apri pagina


*Gen. Feruccio Pisoni. Dell'autore di questo articolo abbiamo rintracciaco poche frammentarie notizie, tratte in prevalenza da articoli publicati sul giornale associativo L'ALPINO.
Sappiamo che ha percorso tutti i gradi della carriera militare, da Sottotenente a Generale e che ha combattuto nella guerra 1915-1918, come ufficiale effettivo, con il Battaglione "Val Tagliamento" dell'8° Reggimento alpini, poi con il Battaglione "Val Cismon" del 7° Reggimento alpini che ha comandato nel 1916 come Capitano, poi ritornatovi al comando nel 1918 come Tenente Colonnello.
Nel triennio 1927-1929 con il grado di Colonnello ha comandanto il 9° Reggimento Alpini.
Negli anni '40 con il grado di Generale lo ritroviamo fra i collaboratori del giornale
L'ALPINO sul quale pubblica diversi articoli dedicati alle figure dei Cappellani Militari che ha conosciuto nella guerra 1915-1918.