Il 
            18 dicembre 2003 è “andato avanti” il carissimo amico Franco Forlani, 
            Ten. Col. (ruolo d’onore) di Artiglieria Alpina, reduce della campagna 
            di Russia. Alle numerosissime “penne nere”, commilitoni ed amici presenti 
            per l’ultimo saluto, il parroco ne ha ricordato la bella figura di 
            soldato valoroso, marito e padre premuroso, che così si era espresso 
            in occasione dell’ultima sua visita in ospedale: carissimo don 
            Mario, nella mia vita ho combattuto tante battaglie per l’onore del 
            cappello alpino, forse questa è la mia ultima battaglia, mi rimetto 
          alla volontà di Dio…
          Un 
            testamento spirituale, un “passaggio di stecca” che non possiamo dimenticare, 
            proprio perché ci è stato consegnato da un alpino o se vogliamo essere 
            corretti, da un artigliere alpino che la storia, quella che i giovani 
          leggono sui libri, l’ha scritta di persona.
         
        
          
             
                il ruolo matricolare ritrovato nel corso delle ricerche | 
          
        
        Franco 
            Forlani era nato il 6 febbraio 1921 a San Pietro Capofiume, frazione 
            del Comune di Molinella nella bassa provincia bolognese, da famiglia 
            con una propria azienda agricola. Dopo le scuole elementari frequentate 
            a Molinella, prosegue gli studi a Bologna all’Istituto Tecnico Inferiore 
            “Pier Crescenzi” quindi al Liceo “Augusto Righi”. Nel luglio 1940, 
            l’Italia da un mese entrata in guerra, è iscritto  al primo anno di 
          Università alla facoltà di Scienze Agrarie. 
        Il 27 febbraio 1941 la 
          “cartolina rosa” lo chiama al servizio militare, destinazione: Scuola 
          Centrale Militare di Alpinismo di Aosta, nel Battaglione Universitari 
          allievi ufficiali. 
        
          
             
              recluta ad Aosta | 
             
                sergente allievo ufficiale
             | 
          
        
        Fra 
          i compagni di corso e di camerata ricordava, con grande commozione, 
          il bolognese Giovanni Palmieri (Gianni per tutti), poi caduto come 
          partigiano nel 1944 in Romagna, medaglia d’Oro al valor militare della quale si fregia la Sezione bolognese romagnola. 
          
          Promosso Caporale il 16 aprile e concluso il corso con la promozione a Sergente il 16 giugno, viene inviato per due 
          mesi a Belluno in servizio nel 5° Reggimento Artiglieria Alpina quindi 
          alla Scuola Allievi Ufficiali di complemento a Bra, Cuneo, dove arriva il 1° settembre. 
        
          
             
              Sottotenente a Chivasso | 
          
        
        Con 
            la nomina a Sottotenente di complemento, dal 16 marzo 1942 raggiunge, dove è di stanza 
            il reparto di destinazione, San Benigno Canavese ed è assegnato alla 
            19ª batteria Gruppo “Vicenza” del 2° Rgt. Artiglieria Alpina, Divisione 
            “Tridentina”. Al termine del campo estivo viene poi trasferito come 
            comandante di pattuglia O.C. osservazione e collegamenti, al Reparto Comando 
            Gruppo ed il 25 luglio dalla stazione ferroviaria di Chivasso parte 
          per il fronte russo.
        Il 
            15 agosto arriva a Nowo Gorlowka in Ucraina e, zaino in spalla, verso 
            il fronte per raggiungere Millerowo (distante 450 chilometri) per 
            tamponare una falla creatasi nel settore della divisione di fanteria 
            “Sforzesca”. Ai primi di ottobre, nuovo ordine e nuova marcia per 
            il definitivo schieramento sul fiume Don in località Belogorje nel 
          bacino del Donez. 
         
        
          
             
              in 
                  primo piano sul treno in  
partenza  
              per il fronte russo | 
          
        
        Nel 
            suo incarico di ufficiale di osservazione e collegamenti, in più occasione 
            si pone all’attenzione dei superiori per perizia e “coraggio”, come 
            ad esempio nei combattimenti ai primi di dicembre quando, grazie al 
            suo sangue freddo nonostante fosse lui stesso bersaglio di artiglieria 
            nemica, con precise indicazioni riesce a far centrare i pezzi russi 
            evitando così gravi perdite fra gli alpini in prima linea. Proposto 
            per la medaglia di bronzo, la richiesta del suo comandante rimane 
            nelle intenzioni in quanto, pochi giorni dopo inizia la drammatica 
            odissea della ritirata durante la quale si prodiga con grande altruismo 
            per salvare i propri commilitoni. Molte sono le testimonianze, fra 
            le quali, quella del Ten. Giacomo Veglia del Reparto Comando Gruppo 
          “Vicenza” che così ricorda: 
        - Il mattino del 20 gennaio 1943 sulla strada Opit-Postojalli un 
                colpo mi fracassò il femore, nessuno si curava di me. Arrivò di corsa 
                il Sottotenente Forlani che, sordo ai miei inviti di salvare se stesso, 
                si pose al mio fianco facendomi scudo contro eventuali nuovi colpi, 
                fermò una slitta, mi caricò e messosi alle briglia iniziò una corsa 
                di mezzora, portandomi in salvo. Per i restanti giorni della ritirata 
                mi fu sempre vicino fino a quando fui consegnato il 1° febbraio al 
                personale della tradotta dei feriti che da Schebechino mi riportava 
          in Italia.-
         
        
          
             
              Natale 
                      1942 nella baracca ufficiali della 142ª  
compagnia 
                      del battaglione 
                      “Val Chiese” con l’amico  
Ten. Gino Ferroni 
                      (con gli occhiali) caduto poi a  
Nikolajewka meritando la medaglia d’Oro. | 
             
              fuori 
                      dalla sacca con alcuni superstiti del Gruppo “Vicenza”,  
da sinistra: 
                      S.Ten. Aldo Daz, S.Ten. Delio Di Pietro 
                      Bileggi,  
Ten. Aimone Ferrari, 
                      Magg. Salvatore Bavosa,  
S.Ten. Giuseppe Portesi e S.Ten. Franco Forlani. | 
          
        
        Poi 
            Nikolajewka 26 gennaio 1943, nome e data che rievocano alla memoria 
            la sanguinosa ed eroica ultima battaglia, la vittoriosa battaglia 
            della volontà per la definitiva salvezza, dove anche qui, unico ufficiale 
            del Comando Gruppo, seppur stremato ed a rischio della propria vita, 
            non esita ad offrire il suo contributo al vittorioso esito prodigandosi 
            in quel frangente e nei giorni successivi per la salvezza dei suoi 
            subalterni. La motivazione della croce di guerra al valor militare 
            conferitagli ne compendia il carattere, l’umanità ed il valore di 
            soldato. Ai primi di marzo del 1943 finalmente sale sulla tradotta 
          che lo riporta in Italia.
         
        
          
             
              al campo contumaciale 
                    di Dobbiaco, con 
in testa il caldo berretto in pelle di 
                    persiano confezionatogli da un contadino russo.  | 
             
              decisamente “fuori ordinanza” 
              a Monfalcone | 
          
        
         
         
        Inviato 
          per 15 giorni al campo contumaciale di Dobbiaco, ai primi di aprile, 
          con in tasca una licenza di 30 giorni, ritorna finalmente dai propri 
          famigliari. Finita la licenza raggiunge il centro di reclutamento 
          di Rovereto dove man mano rientrano i pochi superstiti del reggimento 
          ai quali si aggiungono le nuove reclute. Trasferito alla 162ª batteria 
            antiaerea sempre del 2° Rgt. Artiglieria Alpina, viene inviato prima 
            alla scuola di Sabaudia poi a quella di Riva del Garda dove rimane 
            fino al 25 luglio 1943. Con il famoso ordine del giorno che sancisce 
            di fatto la caduta del fascismo, riceve l’ordine di trasferirsi a 
            Monfalcone per preparare l’arrivo del Gruppo “Vicenza”, inviato poi 
            sul Carso in funzione anti-partigiani di Tito. Alla fine di agosto 
            con ordine di trasferimento raggiunge Vipiteno dove, sorpreso dall’armistizio 
            dell’8 settembre, al rifiuto di collaborazione viene fatto prigioniero 
            dai tedeschi. Inizia così l’odissea nei lager nazisti in Polonia e 
            Germania affrontati con coraggio, onore e dignità, esprimendo sempre 
            in ogni circostanza e con chiarezza il proprio pensiero. Una profonda 
            cicatrice in mezzo agli occhi causata delle frustate infertegli dai 
            carcerieri, confermano la sua risolutezza a “non piegarsi” anche alle 
            facili lusinghe. 
  
            Liberato 
              dagli americani il 9 aprile 1945, in luglio è rimpatriato e “finalmente” 
            collocato in congedo dal 22 luglio.
         
        Conclusa 
          l’esperienza militare ed il rientro a casa, per le precarie 
          condizione della sua famiglia, il padre ammalato ed una sorella appena 
          quindicenne, deve rimboccarsi le maniche dedicandosi all’azienda agricola 
          di famiglia. Esuberante di carattere e volontà, l’anno successivo 
          riprende anche gli studi interrotti dalla guerra laureandosi nel novembre 
          1949. Nel frattempo conosce Franca che nel 1950 diventa sua moglie. 
          Dal loro matrimonio nascono nel 1951 Stefano e nel 1955 Paola. L’agricoltura 
          non offre molto in quegli anni e lui padre e marito premuroso, nel 
          1964 si rimette a studiare per prendere l’abilitazione all’insegnamento 
          delle scienze naturali, raddoppiando così il “lavoro” di imprenditore 
          e professore in diverse scuole della provincia di Bologna. Collocato 
          in riposo nel 1978 con i benefici della legge dei combattenti si dedica 
          a tempo pieno all’azienda agricola di famiglia apportando modernizzazione 
          e qualità produttive che ne fanno in breve una delle più apprezzate 
          della zona. Nel 1994 (lo stesso anno in cui lo ritroviamo Capogruppo 
          del neo costituito Gruppo  di Molinella) decide che è giunto il 
          momento di concedersi il riposo “assoluto” e cede a sua volta le redini 
          dell’azienda alla figlia Paola ed al genero Enrico. Il primogenito 
          Stefano invece è apprezzato medico chirurgo presso l’ospedale di Acqui 
          Terme.
        
          
             
              come ufficiale decorato al valor militare, ha l'onore di alfiere del  
Labaro 
                  Nazionale dell’ANA. in occasione 
                  dell'adunata nazionale 
                  di Bologna 
              del 1982 | 
          
        
         
        Iscritto 
          fin dagli anni cinquanta alla ricostituita Sezione bolognese 
          romagnola, lo ritroviamo sempre presente alle manifestazioni sia sezionali 
          che nazionali. E’ lui che ha il privilegio, in occasione dell’Adunata 
          Nazionale Alpini di Bologna del maggio 1982, di essere l’alfiere del 
          Labaro Nazionale portato con orgoglio in sfilata. 
        Pur 
            consapevole che la sua zona di residenza non ha avuto nel corso degli 
            anni un gran gettito di alpini, a quei pochi che personalmente e caparbiamente 
            riesce a rintracciare, propone la costituzione di un locale Gruppo 
            alpini. Superate le difficoltà e lo scetticismo, finalmente dopo tanti 
            anni il suo sogno si avvera, ed il 6 dicembre 1994 si svolge la cerimonia 
            ufficiale di nascita del nuovo Gruppo con consegna del Gagliardetto. 
            E’ ancora lui che lancia l’idea, coinvolgendomi (ed io ben felice 
            di collaborare), affinché anche Molinella conosca gli alpini e la 
            loro storia attraverso una mostra fotografica. Per la settimana dal 
            24 aprile al 2 maggio 1999 nella cittadina non si parla d’altro, con 
            lusinghieri apprezzamenti per l’iniziativa, visite certamente superiori 
            alle aspettative, scuole comprese, con sua grande soddisfazione. Fin 
            dal 1953 e per molti anni non ha mancato agli annuali incontri-raduni 
            dei reduci del Gruppo “Vicenza” promossi in varie località, non solo, 
            lui stesso in varie occasioni si era fatto promotore accogliendo nella 
          sua casa i commilitoni di un tempo, fedele al motto “per non dimenticare”.
         
         
        
         
        L’ultimo 
          “lavoro” è stato quello di raccogliere le sue memorie di ufficiale 
          artigliere alpino, pubblicandole in un libro dal titolo <LA MIA GUERRA - da Molinella al Don, ai lager tedeschi> dove lo ritroviamo 
          giovane sottotenente sul fronte russo, poi nella tragica esperienza 
          della prigionia ed infine le testimonianze di chi lo ha conosciuto 
          e ricevuto un aiuto tangibile per la loro salvezza durante la ritirata. 
         
        Ora 
            ha raggiunto l’amatissima moglie Franca dalla quale si era dolorosamente 
          separato nel 1991.
        
        Note: 
          le notizie di famiglia e le fotografie sono state gentilmente 
          concesse dalla figlia Paola.