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il Capitano degli alpini Guido Renzo Giglioli.
di Mario Gallotta

pubblicato il 1° giugno 2007



Nel gennaio 1943 il Capitano Guido Renzo Giglioli, nato a Viareggio nel 1908, comandante della 71ª compagnia del Battaglione Alpini “Gemona” in Russia, “veniva ferito e cadeva in mano del nemico, decedendo dopo lunghe sofferenze”, come recita la motivazione della Medaglia d'Argento al valor militare "alla memoria" concessagli nel 1955.
Crediamo di fare cosa gradita a tutte le penne nere (e in particolare ai soci del Gruppo di Viareggio), proponendo ai lettori di questo sito due pagine – pressoché sconosciute nel mondo alpino - scritte dal Dott. Carmine Rampini Boncori (Rimini,1897 – Ferrara, 1964), che fu ufficiale medico del “Gemona” e conobbe personalmente Guido Renzo Giglioli.
Si tratta di ricordi tratti dal libro “La covata del 1907 e altri racconti”, pubblicato in Ferrara nel 1997 a cura dall’ Avv. Dante Rampini Boncori (figlio di Carmine), che ci ha gentilmente autorizzato a riprodurre le pagine dedicate al Cap. Giglioli.
Il libro, di natura autobiografica e di piacevole lettura (poiché Carmine Rampini Boncori era “una bella penna” in tutti i sensi) è dedicato principalmente a coloro che frequentarono con l’autore il Liceo Classico “Ludovico Ariosto” di Ferrara. Tra i personaggi descritti figura anche un giovanissimo Italo Balbo, destinato – come Rampini Boncori e come Giglioli – a indossare il glorioso cappello alpino.

GIGLIOLI E LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Nelle pieghe della memoria non c'è rimasto il suo nome di battesimo, il cognome sì, Giglioli ed il suo inobliabile ricordo che mi fa rivedere, a distanza di anni, quel suo corpo atletico, ricoperto da innumerevoli cicatrici, guizzante, agile nelle gelide acque del Torre o del Cornappo e quel suo sorriso aperto e leale di buon figliolo toscano, senza quel chè di ironico e di mordace che si spesso si ritrova in essi, specie se fiorentini.

Fronte greco-albanese, inverno 1940. In primo piano
un alpino all'osservatorio. A poche centinaia di metri
si notano i reticolati greci.
Mi dicevano i vecchi ufficiali del battaglione alpini, al quale ero stato assegnato da poco quale Ufficiale Medico, che i primi giorni del suo arrivo tra essi erano stati un po' freddi, perchè la sua qualità di segretario del gruppo universitario fascista di Firenze e la volontarietà del suo richiamo, non erano per loro utili raccomandazioni; ma col passare dei giorni la sua bontà e le sue doti erano talmente rifulse che in breve era diventato il beniamino di tutti.
La sua sincerità, d'altra parte, era fuori discussione e la convinzione nella giustizia dell'idea fascista, alla quale aveva consacrato ogni sua attività, era in lui così manifesta, che dinanzi a lui le discussioni politiche e le critiche al disgraziato andamento della guerra tacevano d'incanto, perchè a nessuno piaceva affliggere e addolorare un sì caro compagno.
I motivi per critiche e mugugni non mancavano certo. Troppo vivo nell'animo di quei giorni della Divisione Julia era il ricordo tremendo della guerra di Grecia, quando non tragica leggerezza non si era esitato a gettare allo sbaraglio truppe mal guidate, esposte senza il necessario equipaggiamento al freddo e all'intemperie e quasi senz'armi al fuoco tambureggiante dei mortai e delle mitragliatrici, di cui il nemico era largamente provvisto.
In quell'occasione il maschio ed eroico comportamento degli Alpini aveva impedito che le truppe italiane fossero addirittura ributtate in mare; ma era rimasto nell'animo di quei prodi un acre risentimento ed un senso di rancore verso chi li aveva sì inconsideratamente gettati allo sbaraglio.
In quei tragici frangenti il coraggio indomito del Giglioli era rifulso in maniera da destare l'ammirazione di tutti e solo lo scoppio d'una granata, dilaniando il suo corpo, aveva avuto ragione della sua disperata resistenza, quando con un pugno di uomini tagliati fuori dal grosso, aveva resistito più giorni su non so più quale quota, all'attacco di soverchianti forze nemiche.
Risanato, dopo molti mesi di degenza in un ospedale di Atene, era rientrato in Italia ed aveva ritrovato nel nostro battaglione molti commilitoni, la più parte già feriti o congelati, che l'avevano pianto per morto.
Il battaglione - in via di ricostituzione - era accantonato in un paese del Friuli, dove la pianura comincia ad incresparsi nelle prime colline che protendono alle Prealpi della Carnia: colline dolci e profumate che sanno di mirto e di timo, come i colli di Toscana.
Lieta e serena vi sarebbe trascorsa la vita, se l'andamento della guerra e l'apertura del nuovo fronte di Russia non avessero gettato nell'animo di tutti il seme del dubbio e l'incertezza del domani.
Un giorno, a mensa, un ufficiale ci passò una rivista illustrata, aperta alla pagina in cui uno dei più alti gerarchi del partito (quello anzi cui erano - a ragione o a torto - addebitate tutte le disavventure della guerra di Grecia, per la mancata preparazione di essa) era presentato in una decina di fotografie in divisa da aviatore ed in atteggiamenti più o meno spavaldi, lui che notoriamente viveva a Roma, nè mostrava segno alcuno di volersene allontanare. I commenti erano stati tutt'altro che favorevoli al grosso gerarca. Solo la presenza del Giglioli aveva impedito che si passasse il segno.
Egli aveva taciuto e dopo qualche giorno, tornando con nostra sorpresa sull'argomento, ci aveva letto un trafiletto che aveva fatto stampare nel giornaletto del G.U.F (1) di Firenze, in cui si criticavano apertamente le fotografie che certo erano state inserite nella rivista all'insaputa dell'interessato, che non avrebbe certo tollerato una sì sfacciata adulazione.
Non l'avesse mai fatto! Nei giorni seguenti si abbattè sul Comandante del Battaglione una tempesta di telefonate dei vari gerarchi fiorentini ed infine l'invito di concedere al Giglioli una breve licenza, perchè andasse a Firenze a discolparsi.

Fronte russo, gennaio 1943. La lunga colonna degli alpini
nel corso del ripiegamento
.
Ne tornò addolorato e deluso, non tanto per le dimissioni impostegli da segretario del G.U.F., nè per l'annullamento dell'incarico universitario che aveva non rammento più in quale disciplina, quanto per il crollo di tutto quello che fino allora aveva costituito il suo credo politico. Nessun commento uscì dal suo labbro.
Riprese apparentemente tranquillo il suo lavoro di Comandante di Compagnia, anche se un solco segnò da quel giorno la sua fronte già spianata e serena.
Di lì a poco chiese ed ottenne di partire con i primi scaglioni avviati in Russia, donde mai più avrebbe fatto ritorno.
Un suo alpino, scampato alla morte durante la tragica ritirata, lo vide ferito e sanguinante trascinarsi penosamente allo stremo delle forze e poi ad un tratto scomparire al suo sguardo, forse inghiottito dalla gelida coltre di neve, forse colpito dalle raffiche di mitraglia di alcuni non lontani carri armati nemici.

note:


la cartolina del 1° Gruppo
Alpini Valle.
Da ulteriori ricerche, il nome di Giglioli compare anche nel libro di Giulio Bedeschi "Fronte greco-albanese: c'ero anch'io", Mursia editore 1977, dove è ricordato nella testimonianza del Tenente Bonaldo Muratti e dalla quale apprendiamo che Giglioli era partito dall'Italia per il fronte greco-albanese in forza al 1° Gruppo Alpini Valle, con il grado di tenente comandante di plotone, quindi successivamente comandante la 278ª compagnia del Battaglione "Val Tagliamento". Si distingue nei combattimenti del 9-10 dicembre 1940 in località Zebresan Basso dove guida alla vittoria i suoi alpini meritando una medaglia di bronzo al valor militare. Nei successivi combattimenti del 29-30 dicembre a Mali Topoiani, ferito alla testa, è portato al 628° ospedale da campo della "Julia". Per il suo comportamento gli viene conferita la croce di guerra al valor militare.


la cartolina del Battaglione "Gemona"

Rimpatriato alcuni mesi dopo per la convalescenza e destinato in forza alla Divisione "Julia" quale comandante la 71ª compagnia del Battaglione "Gemona", rinuncia ai benefici di invalido e presenta domanda come volontario per il nuovo fronte in terra di Russia. Qui si mette ancora una volta in luce per perizia, coraggio e altruismo, fino all'estremo sacrificio. La testimonianza è sempre del Tenente Bonaldo Muratti e compare nell'altro libro di Giulio Bedeschi "Fronte russo: c'ero anch'io", Mursia editore 1983.





(1) G.U.F. Gruppo Universitario Fascista
Carmine Rampini Boncori nel 1940 in divisa di ufficiale medico ed autore del libro dal quale sono state riprodotte le pagine dedicate al Capitano Guido Renzo Giglioli.

(Le immagini inserite non sono presenti nelle pagine del libro.)