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Plinio Marconi: l'urbanista con la penna nera che ridisegnò il volto di Bologna
di Mario Gallotta

pubblicato il 1° dicembre 2014



Correva l’anno 1938 allorché Cesare Colliva (1), podestà di Bologna succeduto ad Angelo Manaresi dopo l’intermezzo del commissario prefettizio Renato Pascucci, decise di indire un concorso nazionale per il nuovo piano regolatore - il precedente  risaliva al lontano 1889 - al fine di conferire a Bologna un assetto urbanistico più consono alle esigenze di una città moderna, creando una  nuova arteria a nord e valorizzando sia la zona sudorientale che il territorio collinare.
Vincitore del concorso fu il gruppo coordinato ed animato dal Prof. Plinio Marconi, docente di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura della Capitale, che già aveva elaborato i piani regolatori di Verona, sua città natale, di Pistoia e di Aprilia.


Ma chi era, esattamente, Plinio Marconi?


Il Sottotenente
Plino Marconi (2)

Nato a Verona il 13 ottobre 1893 da Pietro, violinista, e da Antonella Levi, il giovane Plinio, conseguita la maturità classica,  si iscrisse ad Ingegneria presso il Politecnico di Torino.
Qui lo colse, all’età di 21 anni, lo scoppio della prima guerra mondiale che lo vide, come molti altri studenti di Ingegneria, assegnato ad un’arma “dotta” (l’artiglieria) e soprattutto ad una specialità (montagna) che concedeva pochi privilegi e comportava una pericolosa vicinanza alla linea di combattimento.
Assegnato al 2° Reggimento Artiglieria da Montagna quale Sottotenente,  Plinio Marconi partecipò alla controffensiva italiana che nel giugno del 1916 segnò la fine della “Strafeexpedition” (spedizione punitiva), scatenata dagli Austro-Ungarici per assestare un colpo mortale alle nostre truppe.

Il 29 giugno 1916 il futuro urbanista, già distintosi in precedenti azioni, si guadagnò a Cima delle Saette una medaglia di bronzo con la seguente motivazione :”Sotto il fuoco della fucileria, delle mitragliatrici e dell’artiglieria nemica, in una posizione scoperta, teneva il comando della propria sezione con grande calma, serenità e coraggio”. Promosso Tenente e trasferito al 1° Reggimento Artiglieria da Montagna continuò a comportarsi da valoroso e meritò anche una Croce di Guerra al V.M. sul Monte Spinoncia nel maggio del 1918.

La guerra, tuttavia, non gli portò solo le decorazioni perché nel corso del conflitto il giovane “montagnino” trovò anche l’amore.
Conobbe infatti a Trento il pittore Felice Carena, una cui allieva, la pittrice bulgara Dimka Kovačeva, sarebbe in seguito diventata sua moglie donandogli tre figli, uno dei quali (Paolo) avrebbe seguito le sue orme raggiungendo brillanti successi professionali e accademici.
Proprio il Prof. Paolo Marconi – scomparso nel 2013 - rivelò alla Prof.ssa Alessandra Capanna (2) i trascorsi militari del padre, che erano rimasti impressi nella sua memoria quale segno evidente di un passato con la penna nera che costituiva un grato ricordo per l’illustre genitore.

 


Complesso progettato da Plinio Marconi
per l'I.C.P. a Roma

Terminata la guerra conseguì la laurea in Ingegneria e venne chiamato a Roma dal Prof. Gustavo Giovannoni presso la Scuola di applicazione per ingegneri, iniziando altresì a collaborare con l’Istituto Case Popolari per il quale progettò alcuni edifici della Garbatella, che divenne in quel periodo un punto di riferimento per il linguaggio architettonico. Alla Garbatella si sperimentò infatti un mimetismo che collegò esplicitamente la città nuova alla città vecchia e alla tradizione romana, conferendo dignità anche alle case più modeste. L’esperimento ebbe successo e l’esempio venne utilizzato dall’Istituto Case Popolari per conferire decoro ad altri nuovi quartieri.


Copertina di un numero
della rivista
del 1932

Nel 1921 divenne redattore-capo della prestigiosa rivista Architettura e arti decorative (diretta da Gustavo Giovannoni e poi dall’ “archistar” dell’epoca Marcello Piacentini), che nel 1931 prese il nome di Architettura.
In tale veste Plinio Marconi ebbe occasione di svolgere un ruolo propulsivo nell'indirizzo culturale della disciplina architettonica, intervenendo nella scelta dei progetti da pubblicare ed avviando il confronto sulla questione del controverso rapporto tra modernità e tradizione, con particolare riferimento ad uno dei temi sui quali tornò ripetutamente: le architetture minime mediterranee da prendere come  riferimento per gli architetti contemporanei.

Negli anni ‘30 effettuò numerosi viaggi e partecipò all’organizzazione della prima mostra nazionale dei piani regolatori. Fu in quel periodo che Plinio Marconi maturò l’idea di dedicarsi all’urbanistica, elaborandone un principio fondamentale: “Sensibilità e tecnica debbono essere intese unitariamente ed ogni valore contenuto nel giusto piano”.


Municipio di Addis Abeba,
Etiopia, progetto di Plinio
Marconi

Iniziata la carriera accademica partecipò a numerosi concorsi per piani regolatori: Verona (1932), Pistoia (1935), Aprilia (1936) e, finalmente, Bologna, una grande città che gli avrebbe consentito di sperimentare su larga scala il suo metodo di progettazione, fondato su un accurato interesse per i prodotti grafici e un apparato analitico in grado di sostenere la proposta urbanistica.
Per Marconi il disegno fu un mezzo fondamentale di trasmissione delle conoscenze all'interno della comunità e per questo doveva rispondere a requisiti di chiarezza e immediata comprensibilità “contro l'urbanistica agnostica di tanti uffici tecnici comunali”.

Il progetto che doveva modernizzare Bologna rischiò tuttavia di rimanere lettera morta. Nel 1939, infatti, Cesare Colliva lasciò l’incarico podestarile e l’Italia entrò in guerra l’anno dopo.
Ebbe così inizio un quinquennio tragico, nel quale ben altri problemi afflissero gli Italiani, travolti da problemi più urgenti dei piani regolatori.
Ma il lavoro svolto da Plinio Marconi non fu vano. Nel 1946 il sindaco di Bologna, Giuseppe Dozza, decise di varare un piano di ricostruzione della città e utilizzò il progetto precedente, chiamando proprio Marconi a far parte della commissione per l’attuazione del piano, a dimostrazione – fra l’altro – che il concorso del 1938 non era certamente stato vinto per raccomandazioni o simpatie “politiche”.
E anche Rimini seguì il felice esempio di Bologna.
Il piano ebbe esecuzione parziale a partire dal 1948, ma non poté essere realizzato per intero a causa delle difficoltà economiche del dopoguerra. Dieci anni dopo – mutate le esigenze della città – si rese necessaria l’adozione di un nuovo piano regolatore, che tuttavia mantenne fermi i criteri fondanti elaborati da Plinio Marconi. Il nuovo piano aveva i seguenti obbiettivi:


a) organizzazione funzionale del territorio urbano e sua preordinata espansione integrando e potenziando la rete stradale al fine di allontanare i traffici pesanti dal centro storico;
b) valorizzazione dei servizi nei quartieri periferici con l’obiettivo di renderli autonomi;
c) espansione residenziale verso zone salubri e amene (sud-est e sud-ovest) nonché verso la collina;
d) espansione verso nord (zone industriali e zone di interesse collettivo: aeroporto, fiera, mercato bestiame, macello);
e) suddivisione della città in zone monofunzionali – residenziali, industriali, speciali (ospedaliere, militari, annonarie, ricreative… ) – all’interno delle quali gli edifici vengono disciplinati da specifiche regole edilizie.


Il centro storico di Prato nel Piano di
Fabbbricazione, progettato da
Plinio Marconi (1963)

Ancora una volta Plinio Marconi fu chiamato da Giuseppe Dozza, storico sindaco della città felsinea, a far parte della Commissione Urbanistica, legando così per sempre il proprio nome a quello di Bologna, dopo essere stato altresì incaricato di elaborare il progetto per i quartieri residenziali INA-Casa di S. Lazzaro di Savena e di Forlì (1954).

Proseguì poi la sua intensa attività professionale progettando i nuovi piani regolatori di Valdagno, Catanzaro, Salerno, Recoaro Terme, Nicastro, Trento, Brindisi e Prato.

Lavorò anche per il governo tunisino progettando venti arrondissement a Tunisi, mentre in Italia fu chiamato a realizzare importanti quartieri di edilizia popolare INA-Casa a Verona, Correggio, Salerno e Roma – Torre Spaccata. In alcuni casi Marconi si dedicò alla redazione di varianti per piani precedentemente elaborati, compiendo un'operazione che sposta l'attenzione dell'urbanista sulla dinamica della vita cittadina e sul cambiamento delle circostanze decisionali, mettendo in rilievo la questione della flessibilità e gestibilità del piano da collegare alle variabili economiche e sociali, sempre mutevoli per l’insorgere di nuove esigenze. Il futuro di ogni città, per Marconi – anche grazie al rapido sviluppo della tecnologia – non può essere disegnato una tantum e non può basarsi su una visione statica che imprigionerebbe ogni forma di sviluppo.
Si tratta di concetti che oggi sono largamente condivisi, ma all’epoca di Marconi – che  fu caposcuola della nuova teoria, applicata poi felicemente nella pratica - suscitarono un ampio dibattito per il loro contenuto rivoluzionario.


Una delle ultime immagini
di Plinio Marconi (2)


Fermo sostenitore del legame tra teoria e pratica, curò sempre l’insegnamento universitario che culminò con l’elezione a preside della Facoltà di Architettura di Roma nel 1963. (2)

Si ritirò dall’ insegnamento nel 1968, chiudendo la propria attività professionale con un progetto di superstrada Firenze-Roma. Si spense infine nella città eterna il 23 giugno 1974 fra il rimpianto dei suoi numerosi allievi dai quali ancor oggi è ricordato come un grande maestro che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’architettura.



Noi lo vogliamo ricordare anche come giovanissimo ufficiale dell’artiglieria da montagna, che – incurante dei proiettili e delle granate nemiche – dirige impavido il fuoco della propria sezione offrendo l’esempio di come ci si deve comportare quando il dovere chiama, anche mettendo a rischio il proprio futuro e la propria vita.




(1) Cesare Colliva, podestà di Bologna dal 1936 al 1939, fu in ottimi rapporti con Angelo Manaresi. Li univano la professione forense, l’amore per la montagna e la comune esperienza bellica che vide entrambi ufficiali (Manaresi negli Alpini e Colliva nell’artiglieria da fortezza) ed entrambi decorati al V.M.
(2) Si ringrazia la Prof.ssa Alessandra Capanna, docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma- “La Sapienza” nonché curatrice della voce “Plinio Marconi” del Dizionario Biografico degli Italiani (www.treccani.it)  per le informazioni fornite e per la segnalazione delle fotografie del Prof. Marconi. Le foto sono tratte dal saggio di Paola Di Biagi, Patrizia Gabellini e Lucia Scuderi "Plinio Marconi. Un manuale implicito per il mestiere di urbanista” in Urbanisti italiani a cura di P. Di Biagi - P. Gabellini, Roma-Bari 1992, pp. 97-152.